I primi popoli della Sicilia: Siculi Sicani Elimi

La Sicilia, all'interno del Mediterraneo, possiede una centralità che non è solo geografica: da essa sono passate innumerevoli migrazioni le cui origini affondano nella notte dei tempi.Centinaia di migliaia di anni fa l'isola era coperta per intero da densi boschi e le grotte - naturali o scavate - erano l'unica abitazione.

I primi uomini vennero per mare, sia attraverso lo stretto di Messina sia attraverso un ponte Sicilia-piccole isole-Africa formatosi durante i periodi di regressione marina, ma solo partire da 100.000 anni fa le migrazioni si fecero più frequenti.

Tracce di abitazioni dell'antica età della pietra in grotte e ripari rocciosi sono concentrate in tre zone sulla costa settentrionale (intorno a Termini Imerese, Palermo e Trapani) e nel triangolo sud-orientale, ma questa distribuzione geografica potrebbe riflettere sempIicemente lo stadio attuale dell'esplorazione e degli scavi. L'industria litica di queste popolazioni primitive le collega alle culture dell'Europa centrale e occidentale, e così la loro arte, in particolare i graffiti murali delle grotte scoperte dopo la seconda guerra mondiale nella piccola isola di Levanzo al largo di Trapani (a quell'epoca ancora collegata alla terraferma), e sul monte Pellegrino a Palermo. Gli animali e le figure umane naturalisticamente riprodotti a Levanzo, per la maggior parte di profilo e con eccellente prospettiva, si collocano nella stessa tradizione dei disegni e pitture in grotte della valle del Rodano e della Spagna centrale e meridionale. L'arte del monte Pellegrino, d'altra parte, con una percentuale molto maggiore di figure umane raggruppate in una composizione insolita e complessa , sembra piu recente e collegata forse con l'arte più tardiva della Spagna meridionale. Un esame col radiocarbonio ha datato intorno al 10.000 a. C. i graffiti di Levanzo, ma la cronologia nell'insieme è ancora oscura, e così lo sviluppo storico all'interno della Sicilia durante tutto il lungo periodo del paleolitico. Un grave ostacolo alla ricerca è rappresentato dall'assenza quasi completa di ritrovamenti sepolcrali e di resti scheletrici: finora ne è stato scoperto soltanto un gruppo nella grotta di San Teodoro sulla costa settentrionale, circa a metà strada tra Palermo e Messina.

Quando avvenne un cambiamento, a partire da 10.000 anni fa, questo rivoluzionò l'isola, modificando radicalmente il carattere della sua cultura e stimolando un incremento rilevante e una dispersione della sua popolazione. La causa prima di tale cambiamento è da collocare nell'Egeo orientale, in particolare nella Grecia settentrionale, e precedentemente forse anche più a est, nell'Asia minore e in Siria. Che vi fossero implicate nuove correnti migratorie sembra verosimile, ma, se così fu , ed occorre sempre essere prudenti quando si ipotizza una migrazione in base a prove esclusivamente culturali ; il loro numero fu probabilmente limitato ed essi si fusero presto biologicamente con i loro predecessori sull'isola. I fatti verificatisi in Sicilia, probabilmente non molto prima del 3000 a. C., rientrano nel quadro di una lenta trasformazione generale che interessò la regione del Mediterraneo centrale, e cioè il sorgere di comunità contadine che adoperavano ancora strumenti di pietra manufatti con tecniche molto più progredite, ma che conoscevano le nuove arti dell'agricoltura, dell'allevamento del bestiame e della ceramica.

migrazioni in Sicilia dall'Egeo, dall'Asia Minore e dall'Italia

Prima dell'arrivo dei Greci la Sicilia e i suoi abitanti sono avvolti da un velo di mistero che soltanto alcune leggende, confermate da riscontri archeologici, riescono, anche se solo in parte, a dipanare. Una di queste, ad esempio, ci tramanda dell'arrivo a Lipari degli Ausoni provenienti dalla Campania e del loro successivo insediamento sulle coste settentrionali della Calabria e della Sicilia; altre ci narrano, invece, dell'arrivo dei Morgeti in Sicilia attraverso lo Stretto o dei Siculi che, dopo aver respinto i precedenti abitanti Sicani verso le impervie regioni centromeridionali e occidentali dell'Isola, si stabilirono nella Sicilia orientale. In un certo modo esse ricostruiscono il periodo precedente alla colonizzazione greca della Sicilia per quanto riguarda l'assetto politico ed etnico.

Quando i Greci, intorno al 734 a.C., vi si stanziarono, non trovarono l'Isola abitata da un'unica etnia; gli stessi scrittori dell'epoca ci parlano di diverse genti: Siculi, Sicani ed Elimi.

Secondo le tradizioni più antiche, i primi abitanti della Sicilia furono i Sicani, dai più considerati autoctoni. Ad usare, invece, per primo il termine Σικελόι cioè Siculi fu Tucidide che nel V sec. a.C. così ricostruì la successione delle popolazioni in Sicilia, nel VI libro della sua Storia della guerra del Peloponneso.

Sull'origine del termine così scrive Susanna Valpreda: "Il nome con cui i Greci chiamavano la Sicilia è Sikelia (in greco Σικελία). Ma quando nasce esattamente questo toponimo? Nel XXIV libro dell'Odissea Omero cita una terra detta Sikanìe (Σικανίη) non si sa però se si riferisse già alla Sicilia. Per Erodoto, l'isola, ai tempi di Minosse, si chiamava Sikanìa (Σικανία), nome successivamente modificato in Sikelìa. Per Tucidide l'isola era chiamata Sicanìa dai Sicani, mentre prima aveva il nome di Trinacria (Guerra del Peloponneso, VI, 2, 2). Quest'ultimo toponimo, il cui significato sarebbe "che ha tre punte", potrebbe derivare, a sua volta, da Θρινακίη (dall'etimologia incerta), attestato nell'Odissea di Omero e riferito all'isola in cui pascolavano i buoi di Helios, tradizionalmente identificata con la Sicilia (l'isola del Sole). In seguito, secondo il racconto tucidideo, giunsero nell'isola i Siculi che, sconfitti in battaglia i Sicani e scacciatili verso le zone meridionali e occidentali dell'isola, trasformarono il nome in Σικελία, da cui Sicilia. Affascinante ma priva di riscontri è l'etimologia per cui il toponimo Sicilia deriverebbe dai termini greci συκῆ, "fico" o συκ, "abbondanza" ed ἐλαία, "oliva", a indicare prodotti tipici dell'agricoltura isolana che ne mettano in risalto la felicità climatica."

La più antica cultura neolitica nell'isola sembra essere quella oggi convenzionalmente nota col nome di Civiltà di Stentinello , dal nome del villaggio vicino Siracusa dove fu identificata per la prima volta e dove l'aspetto dell'insediamento è caratterizzato da un fossato scavato nella roccia che circoscrive una superficie di forma ovale di circa 200x180 metri . Sulle vulcaniche isole Eolie che si trovano a nord-est della Sicilia e di cui Lipari era, ed è tuttora, la piu importante, l'insediamento più antico appartiene anch'esso alla cultura di Stentinello. Quale che fosse la fonte immediata d'ispirazione della cultura di Stentinello, intorno al 3000 a. C. o poco dopo compaiono più o meno simultaneamente nell'Italia del sud, in Sicilia e a Malta, due elementi nuovi di provenienza diretta dall'Egeo, e uno di essi specificamente dalle Cicladi settentrionali.

Essi sono l'uso del rame e le tombe scavate nella roccia. In precedenza l'inumazione si era effettuata entro fosse poco profonde o entro la cosiddetta " cista litica ", recipiente a forma di scatola, che veniva seppellito nel terreno e in genere delimitato da ciottoli o pietre. Queste sepolture furono ora sostituite da grotticelle scavate nella roccia, spesso precedute da una specie di anticamera, con la quale costituivano nell'insieme una struttura non dissimile dal forno dei contadini siciliani (per cui alcuni archeologi le chiamano proprio "tombe a forno ". Le tombe a forno furono presenti un po' dovunque in Sicilia e rimasero, con variazioni architettoniche di scarso rilievo, il tipo standard di camera sepolcrale fino alla ellenizzazione più o meno completa della popolazione pregreca nel corso V secolo A. C.

Unico notevole cambiamento, verificatosi forse intorno al 2.500 a.C., fu l'introduzione della sepoltura collettiva in un'unica cella, una nuova usanza il cui significato non è per nulla chiaro. Potrebbe essere semplicemente l'espressione di un notevole aumento della popolazione, come il continuo moltiplicarsi di luoghi abitati in tutta l'isola (non più concentrati nell 'estremo orientale), processo questo che può essere evidenziato archeologicamente all'incirca per i mille anni successivi. E da notare che l'età del rame fu un'età in cui la pietra e l'osso continuarono ad essere il materiale duro più in uso. L'età dei metalli ebbe veramente inizio con il bronzo. In Occidente, e originariamente nella penisola iberica, ebbe luogo una serie complicata di migrazioni, assorbimenti e ri-emigrazioni di popolazioni abili nella lavorazione del rame e dell'oro, identificabili da un caratteristico tipo di ceramica noto come " bicchiere campaniforme ". Il loro impatto diede origine a diverse culture ibride in seguito alla avvenuta fusione con le popolazioni locali.

Sicuramente la Sicilia circa nel mille a. C. era abitata da tre diversi popoli: i siculi nella metà orientale, i sicani in occidente gli elimi nella regione nord-occidentale.

L'inizio dell'età del bronzo in Sicilia non è caratterizzato da nessuna vera innovazione nei ritrovamenti archeologici. Lipari dovette la sua iniziale importanza e prosperità soprattutto ad un prodotto, un vetro vulcanico duro chiamato ossidiana, superiore per certi scopi alla selce. Possediamo numerosissime prove dell'esistenza di un'industria su larga scala dell'ossidiana, i cui prodotti giungevano molto lontano. Poi si verificò un forte declino, presumibilmente in seguito alla nuova metallurgia e forse anche al sorgere di una produzione di ossidiana nell'isola egea di Melo, anch'essa molto ricca di questo materiale. Finalmente la ceramica greca giunse anche in Sicilia insieme con altri oggetti e influenze culturali, ad esempio sulla manifattura delle armi.

abstract:

The Mediterranean Sea provided a broad boulevard for the migration of tribal groups in the prehistoricperiod when tools were still fashioned only from stone--the period before about 3000 BC that is now referred to as the Stone Age.The size of the island of Sicily and its accessibilty to Europe, Africa and Asia Minor made it a natural crossroads in the migratory pattern. Cave paintings recently discovered at Monte Pellegrino near Palermo show habitation of the area even before 8000 BC, in the Paleolithic segment of the Stone Age.

There is little evidence that the Sicanians ever made wide use of any written language before the introduction of the Phoenician alphabet (shown here with the Greek and Early Roman alphabets), which they wrote from right to left. (Mycenean script has been found on some pieces of pottery.) On a pre-historic level, it seems probable that they were descended, for the most part, from Sicily's Bronze Age inhabitants. Indeed, the Sicans probably represented the main group descended from these first indigenous Sicilians. The theory of the Sicanians' Iberian origin is supported by a rather few linguistic factors thought to be shared with early Iberian tongues, though the evidence is hardly conclusive. The name of Spain's ancient Sicano River has been cited to suggest a common link, but it could be merely coincidental. It was the Greek historian Thucydides who first suggested Iberian roots, yet his authority for this is not known. That said, the best (and most recent) scholarly position is that the Sicanians were indeed natives of Sicily, while the Sicels immigrated from mainland Italy (possibly from Liguria, Latium or even Alpine regions) and the Elymians from the Asian regions of the eastern Mediterranean, perhaps via northern Africa.

Though largely hypothetical, a logical theory has been advanced that the Sicanians were not initially part of any Indo-European population, though recent discoveries imply at least isolated contact with some Mycenean and Minoan cultures --probably on the basis of trade. Living independently of other societies, the earliest Sicani naturally would have developed as a unique population lacking clearly-defined cultural links to the Indo-European cultures of Italy, Greece and the eastern Mediterranean. (In this way they were similar to the earliest Iberians.) The Sicanians' name probably derives from the chalcedony called "sica" found in some of the areas they inhabited, and from which they styled tools in the Neolithic era. An Iron Age presence is indicated at Gela, Sant' Angelo Muxaro and other sites in the Agrigento area. The Minoan and Mycenean links explain possible similarities of the Thapsos and Castellucio cultures to Aegean ones.

That the Sicans apparently assimilated more rapidly and easily than the Sicels with the colonising Greeks suggests at least some affinity, if not commonality, between Sicanian and Hellenistic culture. This peaceful amalgamation took just a few centuries, from about 700 BC to 400 BC, and before long many Sicanian cities were essentially Greek. Our knowledge of this gradual union of Sicanian and Hellenistic culture is primarily archeological. Even today, the actual sites of ancient Sicilian localities (including Sicanian settlements) mentioned in Greek and Roman accounts are occasionally discovered and identified. A future find could yield greater information about the Sicanians.

Before the arrival of the Sicels, the Sicanians (or the prehistoric predecessor culture from which they emerged) probably occupied most of Sicily, though they were hardly isolated. Localised distinctions and "foreign" influences are often mentioned. For example, similarities of southeastern Sicilian prehistoric cultures to Maltese, Mycenean, Minoan or north African ones, or similarities between the cultures of northeastern Sicily and the Lipari Island cultures having links to mainland Italic ones. Much has been discovered of Sicily's Bronze Age (2500-1250 BC) societies, with the southeast Sicilian Thapsos and Castelluccian cultures the object of much study in the last few decades. It has been suggested that there were significant differences between the prehistoric cultures of far-eastern and far-western Sicily.